[...] Nella scienza greca e poi romana, certe teorie riguardanti la visione sono molto antiche e attraversano i secoli senza evolversi; altre sono più recenti e dinamiche. Tre grandi correnti si contrappongono. La prima esposta da Pitagora sei secoli prima di Cristo, ipotizza che dai raggi escano dall'occhio e vadano a cercare la sostanza e le qualità degli oggetti visti; fra tali qualità figura naturalmente il colore. La seconda proposta tra gli altri da Epicuro, sostiene invece che siano i corpi stessi a emettere raggi o particelle che si dirigono verso l'occhio. La terza più recente a partire dai secoli IV III avanti Cristo, considera, sulla scia di Platone, che la visione dei colori proviene dall'incontro di un fuoco visivo uscito dall'occhio e di raggi emessi da corpi percepiti [...] Michel Pastoureau
Ormai è il colore preferito dalla maggior parte delle persone, eppure la storia ci insegna che non è sempre stato così: presso gli antichi Greci e Romani, per esempio, il blu aveva una connotazione fortemente negativa, tanto da essere associato agli spregevoli Barbari. A documentare la lenta ma progressiva inversione di tendenza che lo riguarda è un esperto in materia come Michel Pastoureau, che ripercorre le principali tappe di questo significativo rovesciamento e da vita a un articolato excursus storico che mette in luce l'uso quotidiano, la "rivalità" con gli altri colori, il valore simbolico, il ruolo economico, artistico e letterario che il blu ha avuto dal Neolitico sino ai giorni nostri. Considerato un fatto sociale in piena regola, il blu e le sue alterne fortune rappresentano pertanto il ritratto in continuo divenire di una società, quella umana, costantemente impegnata a fissare e ridefinire la propria scala di valori.
Michel Pastoureau (Parigi, 17 giugno 1947) è uno storico, antropologo e saggista francese. figlio dello scrittore francese Henri Pastoureau, dopo gli studi da archivista presso l’École nationale des chartes, dal 1972 al 1982 lavora al Cabinet des medailles dellaBibliothèque nationale de France. Dirige l'École pratique des hautes études, presso cui è titolare dal 1983 della cattedra di Storia della simbologia medievale. È membro dell’Académie internationale d'héraldique e vice presidente della Sociéte française d’héraldique. Autore di numerosi saggi di araldica, numismatica, sigillografia, ha svolto estese ricerche su bestiari e simboli medievali ed è conosciuto soprattutto come storico del colore[1]. Nel 1996 ha ricevuto la laurea honoris causa presso l’Università di Losanna. Nel 2010 con il saggio I colori dei nostri ricordi, uscito in Francia con l'Éditions du Seuil, ha vinto il Prix Médicis.
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Il piccolo libro dei colori
Il libro che vi consiglio oggi è Il piccolo libro dei colori interessantissimo testo sul modello di una lunga intervista di Michel Pastoureau e Dominique Simonnet. Io affascinato da sempre dalla semantica dei colori per "deformazione professionale" trovo finalmente un libro capace di orientarmi nel magico e infinito mondo dei colori. E voi avete mai brancolato nel buio dei colori?
Valerio Barba
Non è un caso se vediamo rosso, diventiamo verdi di paura, blu di collera o bianchi come un lenzuolo... I colori veicolano tabù e pregiudizi ai quali obbediamo senza rendercene conto, e possiedono significati nascosti che influenzano il nostro ambiente, i nostri comportamenti, il nostro linguaggio e il nostro immaginario.
La loro storia, ricchissima e sorprendente, racconta l'evoluzione delle mentalità, degli usi e delle società, intrecciando arte, politica, religione, psicologia, sociologia. Con una narrazione brillante e ricca di aneddoti e curiosità, Michel Pastoureau guida il lettore in un affascinante ed erudito excursus alla ricerca di significati, applicazioni, implicazioni dei colori, per riuscire a districarsi nel labirinto simbolico delle tinte.
I colori la dicono lunga sulle nostre ambivalenze. Sono dei formidabili rivelatori dell’evoluzione della nostra mentalità. Nel corso della storia, la religione li ha posti sotto il suo controllo, così come ha fatto con l’amore e con la vita privata. Come la scienza abbia detto la sua, sopravanzando la filosofia: onda o corpuscolo? Luce o materia? Come anche la politica se ne sia impadronita: i rossi e gli azzurri non sono sempre stati quelli che conosciamo. E come, oggi, ci portiamo ancora dietro quello strano retaggio. L’arte, la pittura, la decorazione, l’architettura, la pubblicità, naturalmente, ma anche i nostri prodotti di consumo, i nostri indumenti, le nostre auto… Tutto è retto da un codice non scritto di cui i colori detengono il segreto.
di Micheal Pastourau
Valerio Barba
Non è un caso se vediamo rosso, diventiamo verdi di paura, blu di collera o bianchi come un lenzuolo... I colori veicolano tabù e pregiudizi ai quali obbediamo senza rendercene conto, e possiedono significati nascosti che influenzano il nostro ambiente, i nostri comportamenti, il nostro linguaggio e il nostro immaginario.
La loro storia, ricchissima e sorprendente, racconta l'evoluzione delle mentalità, degli usi e delle società, intrecciando arte, politica, religione, psicologia, sociologia. Con una narrazione brillante e ricca di aneddoti e curiosità, Michel Pastoureau guida il lettore in un affascinante ed erudito excursus alla ricerca di significati, applicazioni, implicazioni dei colori, per riuscire a districarsi nel labirinto simbolico delle tinte.
I colori la dicono lunga sulle nostre ambivalenze. Sono dei formidabili rivelatori dell’evoluzione della nostra mentalità. Nel corso della storia, la religione li ha posti sotto il suo controllo, così come ha fatto con l’amore e con la vita privata. Come la scienza abbia detto la sua, sopravanzando la filosofia: onda o corpuscolo? Luce o materia? Come anche la politica se ne sia impadronita: i rossi e gli azzurri non sono sempre stati quelli che conosciamo. E come, oggi, ci portiamo ancora dietro quello strano retaggio. L’arte, la pittura, la decorazione, l’architettura, la pubblicità, naturalmente, ma anche i nostri prodotti di consumo, i nostri indumenti, le nostre auto… Tutto è retto da un codice non scritto di cui i colori detengono il segreto.
di Micheal Pastourau
The Kandinsky Effect
Director and motion designer : Manu Meyre
Painter : Vassily Kandinsky, Composition VIII (1923)
Music: The Kandinsky Effect, “Girl/Boy Song” (edit)
Wassily Kandinsky
Nacque a Mosca il 16 dicembre del 1866, da allora sono trascorsi ben 148 anni dalla sua nascita. Nel 1892 si laurea in legge, sposa la cugina Anja Cimiakin e quattro anni dopo rifiuta un posto di docente all'università di Dorpat in Estonia per studiare arte a Monaco di Baviera. Nel 1901 fonda il gruppo Phalanx, tra i suoi studenti conosce la sua futura compagna Gabriele Münter. Dipinge temi fantastici della tradizione russa e leggende del medioevo tedesco. Nel 1912 pubblica Lo Spirituale nell'Arte, in cui teorizza il rapporto tra forma e colore, alla base dell'astrazione. "Effetto fisico" ed "effetto psichico" sono per il pittore russo le due conseguenze dei colori, tra sensazioni momentanee da un lato e vibrazione trascendentale dall'altro.
Tante parole si potrebbero scrivere sulla sua apprezzata produzione artistica, ma vogliamo ricordarlo oggi con i significati e le proprietà che attribuì ai colori primari e secondari: sono i colori della sua vita e del suo prezioso lavoro, elementi essenziali dei suoi capolavori che l'artista associa anche al suono di alcuni strumenti musicali. Cominciamo quindi dal giallo che per Kandinsky è follia vitale, irrazionalità cieca. Utilizzando una metafora, è come il suono di una tromba. Ma il giallo è anche eccitazione che può generare nuove idee. L'azzurro invece, per il pittore russo, indica distanza. Lo strumento musicale che potrebbe rappresentarlo al meglio è il flauto.
Il blu invece, colore del cielo, è profondo: se è intenso può generare quiete, se vira sul nero diventa drammatico. Lo strumento musicale che si avvicina di più? Il violoncello. Il rosso è irrequieto, vivace, vitale. Se è scuro concilia la meditazione ed è paragonato al suono di una tuba. Energia e movimento sono espressi dal colore arancione che si può paragonare al suono di una campana o di un contralto. Il verde? Assoluta mobilità in un'assoluta quite. Fa annoiare, insomma, questo colore?
Piuttosto produce un appagamento e ha i toni semigravi del violino. Passiamo al viola, un colore instabile per Kandinsky, paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto. Il marrone esprime invece ottusità, durezza, mancanza di dinamismo. Il grigio, come il verde, è ugualmente statico ma il muro di silenzio assoluto, sentito interiormente come non-suono, è il bianco. Ma il silenzio è come una battuta e l'altra di un'esecuzione musicale e prelude dunque altre note. Il bianco è vita, al contrario del nero, che è mancanza di luce e presagio di morte. La pausa finale di concerto anche se fa risaltare tutti gli altri colori.
La repubblica.it
Tante parole si potrebbero scrivere sulla sua apprezzata produzione artistica, ma vogliamo ricordarlo oggi con i significati e le proprietà che attribuì ai colori primari e secondari: sono i colori della sua vita e del suo prezioso lavoro, elementi essenziali dei suoi capolavori che l'artista associa anche al suono di alcuni strumenti musicali. Cominciamo quindi dal giallo che per Kandinsky è follia vitale, irrazionalità cieca. Utilizzando una metafora, è come il suono di una tromba. Ma il giallo è anche eccitazione che può generare nuove idee. L'azzurro invece, per il pittore russo, indica distanza. Lo strumento musicale che potrebbe rappresentarlo al meglio è il flauto.
Il blu invece, colore del cielo, è profondo: se è intenso può generare quiete, se vira sul nero diventa drammatico. Lo strumento musicale che si avvicina di più? Il violoncello. Il rosso è irrequieto, vivace, vitale. Se è scuro concilia la meditazione ed è paragonato al suono di una tuba. Energia e movimento sono espressi dal colore arancione che si può paragonare al suono di una campana o di un contralto. Il verde? Assoluta mobilità in un'assoluta quite. Fa annoiare, insomma, questo colore?
Piuttosto produce un appagamento e ha i toni semigravi del violino. Passiamo al viola, un colore instabile per Kandinsky, paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto. Il marrone esprime invece ottusità, durezza, mancanza di dinamismo. Il grigio, come il verde, è ugualmente statico ma il muro di silenzio assoluto, sentito interiormente come non-suono, è il bianco. Ma il silenzio è come una battuta e l'altra di un'esecuzione musicale e prelude dunque altre note. Il bianco è vita, al contrario del nero, che è mancanza di luce e presagio di morte. La pausa finale di concerto anche se fa risaltare tutti gli altri colori.
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Valerio Barba, creativo, blogger, progettista grafico, amante dell'arte e del design,
studia e progetta campagne pubblicitarie, disegna caratteri tipografici, sperimenta tecniche artigianali, progetta marchi e identità visive, restyling e redesign marchi, disegna e realizza t-shirt personalizzate.
info: barbavaleriodesign@gmail.com
aggiungimi su facebook https://www.facebook.com/barbavaleriodesign
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