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Helvetica

La scelta di un carattere tipografico o di una font è molto importante nella progettazione di un artefatto visivo. La decisione di usare un font rispetto a un altro deve essere ponderata, pensata, motivata e non lasciata al caso. << “I caratteri devono parlare da soli, come le immagini. Da oltre 500 anni siamo abituati a considerare i caratteri semplicemente per il loro contenuto semantico e ne trascuriamo quello grafico. Bisogna abbandonare questa mentalità e iniziare a trattare i caratteri come elementi dotati di vita propria”. Per questo è importante conoscere fino in fondo un carattere tipografico. 

Valerio Barba

Helvetica è un carattere tipografico creato nel 1957 da un'idea di Eduard Hoffmann, direttore della fonderia Haas di Münchenstein, in Svizzera, e disegnato da Max Miedinger. Nel 1956 Hoffmann, direttore di una fonderia a Münchenstein, decise di creare un nuovo carattere senza grazie per salvare la sua azienda dall'imminente fallimento che di lì a poco sarebbe stato causato dal successo globale del carattere Akzidenz Grotesk, della concorrente stamperia H. Berthold AG.

 Incaricò Miedinger, un ex impiegato commerciale della Haas, e ora disegnatore freelance, di disegnare un set di caratteri senza grazie da aggiungere alla loro linea. Il risultato fu dapprima denominato Neue Haas Grotesk, ma il nome fu successivamente cambiato in Helvetica (derivato da Helvetia, il nome latino per la Svizzera), quando le società tedesche Stempel e la Linotype introdussero sul mercato la serie completa di caratteri nel 1961. 

Introdotto nel bel mezzo di un'onda rivoluzionaria nel campo del lettering, la popolarità del carattere svizzero fece presto breccia nelle agenzie di pubblicità, molte delle quali vendettero questo nuovo stile di disegno ai loro clienti; l'Helvetica così comparve rapidamente nei marchi aziendali, nel signage per i sistemi di trasporto, nelle stampe d'arte ed in altri innumerevoli campi della comunicazione d'impresa. Nel dicembre 1989, grazie all'intervento di Massimo Vignelli, l'Helvetica divenne il carattere tipografico ufficiale per l'intera segnaletica della città di New York, dalla metropolitana ai treni, dai cartelli stradali alle mappe della città, vincendo la sfida contro l'allora preferito Standard (Akzidenz Grotesk). L'inclusione, nel 1984, nei caratteri di sistema Macintosh confermò la sua diffusione anche nella grafica digitale.

L'Helvetica ha riscontrato un particolare successo nel mondo della grafica e degli anni settanta. Caratteristica di questo carattere è la sua eleganza, unita ad un elevato grado di neutralità e di tecnicismo molto apprezzati dai grafici della scuola svizzera per le sue essenzialità, alta leggibilità e risolutezza formale. Una vasta serie di aziende multinazionali e di marchi internazionali utilizzano l'Helvetica come carattere nel proprio logo (in alcuni casi con lievi variazioni). 


Viene inoltre largamente impiegato nell'industria chimica e farmaceutica, ed è stato scelto anche dalla NASA per la dicitura "United States" sullo Space Shuttle e dalle Forze dell'Ordine italiane per le diciture "Polizia" sulle divise e "Carabinieri" sulle divise e sugli automezzi.


Ha ispirato il grafico italiano Bob Noorda per la realizzazione del carattere Noorda utilizzato per la Segnaletica e allestimento della Metropolitana Milanese.Nel corso degli anni, l'Helvetica ha ricevuto critiche. In particolare i designer di fama internazionale Erik Spiekermann, Stefan Sagmeister e David Carson, accusano il carattere di essere noioso, freddo, impersonale, e ormai troppo inflazionato nel campo del design.Tuttavia il carattere ha ricevuto apprezzamenti dalla maggior parte degli addetti ai lavori. 

Uno dei suoi più grandi estimatori è Wim Crouwel, il quale ricorda così la sua prima impressione alla comparsa del carattere nei primi anni sessanta: «Helvetica fu un grande salto dal XIX secolo... Ci impressionò molto per la sua neutralità, parola che amavamo molto. Perché in alcuni casi il carattere deve essere neutrale, non deve portare un significato intrinseco nel suo aspetto. Il significato deve uscire dal testo, non dal carattere tipografico»


Wikipedia


Dadafont

Aggiornato 22.02.2017
Dadafont è un carattere tipografico progettato da Valerio Barba ispirato fondamentalmente a quello che nei primi anni del 1900 veniva chiamato Dadaismo. Il Dadaismo non fu un movimento esclusivamente culturale, letterario, musicale, politico e filosofico. 

Di fatto fu tutto questo e il suo contrario. Antiartistico, letteralmente provocatorio, musicalmente giocoso, radicalmente politico benché antiparlamentare e a volte solo infantile. Così Dadafont cerca di rendere omaggio a un pensiero totalmente rivoluzionario e innovativo nei suoi canoni. Le forme del carattere Dadafont si basano principalmente sul design di due opere dadaiste espressione del movimento artistico nato a Zurigo.


 La famosissima fontana di Duchamp, in realtà un orinatoio capovolto poggiato su un piedistallo e un ferro da stiro con chiodi di rame di Man Ray. Il genio dei due artisti sta nel distruggere con un semplice gesto la funzionalità dell'oggetto. Duchamp come aveva fatto con la gioconda di Leonardo, dove si prendeva gioco della sessualità dell'autore, così farà con l'orinatoio. L'obbiettivo degli artisti Dada era dare agli oggetti di uso comune una connotazione artistica. Così il ferro da stiro con i chiodi perde il suo scopo pratico. Nasce così un conflitto tra funzionalità e fallimento della funzione. Da questo conflitto si sprigiona il potenziale ironico e dadaista dell'opera. Dadafont è tutto questo! Un espressione di idee attraverso un tratto gestuale come fosse una pennellata di un quadro. 


Dadafont è una font per display e per titoli priva di caratteri minuscoli e speciali. Da apprezzare prevalentemente a stampa e a corpi maggiori di 12 in modo da individuarne le caratteristiche estetiche. Il tratto gestuale delle principali lettere che compongono la font è il risultato di un attento studio delle opere dadaiste in questione. La sintesi del design degli oggetti è un segno morbido e curvilineo. La fontana partorisce la A dalla quale si generano i tratti inclinati.


 Il ferro da stiro da vita alla R e a tutti i tratti rimanenti curvilinei. La progettazione afunzionale, anarchica e non sense delle opere dada dona alla font quelle caratteristiche cariche di ingenuità e infantilità che rendono i tratti del carattere ancora più giocosi e liberi di muoversi come se il carattere fosse vivo in continuo movimento. I rigonfiamenti sono sinonimo di questa linfa che corre attraverso le forme della font. Seppure la  progettazione delle opere dada è molto casuale se non inesistente, la progettazione della font segue delle regole geometriche. I costruttivi sono la dimostrazione che dietro ogni artefatto visivo anche il più non sense e astratto come quello di questa font c'è il progetto.  











di Valerio Barba


barbavaleriodesign@gmail.com